Dalla chat alla violenza sessuale. Per un adolescente il passo può essere breve
Due adolescenti di soli 14 anni, dopo aver conosciuto in rete e incontrato poi dal vivo un ragazzo 21enne, hanno subìto una gravissima violenza sessuale, con la complicità di un suo amico 20enne. Prima la fiducia, poi legate, violentate e minacciate per evitare che raccontassero tutto. Le ragazze non hanno parlato, è stata una mamma che si è accorta di alcuni segnali e ha denunciato il ragazzo portando le foto alle forze dell’ordine. Un gesto efferato, intenzionale e premeditato, approfittando della propria supremazia psichica e fisica.
I numeri in Italia
Dai dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, è emerso che 2 adolescenti su 10 sono stati adescati da sconosciuti, in particolare le femmine (62%). I ragazzi molte volte si espongono ai pericoli nel web senza rendersi conto delle possibili negative conseguenze: il 14% degli adolescenti accetta l’amicizia da chiunque gliela chieda, senza valutare accuratamente. Il 35% ha paura che possa essere contattato da qualcuno con la reale intenzione di adescarlo ma, nonostante questo, oltre 6 adolescenti su 10 hanno chattato con un estraneo, più di 4 su 10 hanno incontrato dal vivo una persona conosciuta su Internet.
Come si cade nelle trappole del web e come si arriva alla violenza?
Solitamente il tutto inizia sui social network, dove ci si conosce, ci si invaghisce di un’immagine, del personaggio che si vuol far vedere, come in questo caso un apparente ribelle, trasgressivo, deviato che si è poi dimostrato un ragazzo con dei tratti ben specifici di personalità, senza morale, senza empatia, una persona in grado di strumentalizzare delle ragazze cadute ingenuamente nella rete dei social e poi segnate a vita. Dopo che ci si conosce, si attiva la curiosità, a quell’età ci si sente quasi lusingate se un ragazzo più grande, più “figo” dà considerazione, si ha voglia di sentirsi più grandi di quello che si è, si cercano situazioni al limite, a rischio, senza avere gli strumenti per capire la reale pericolosità di ciò che si sta facendo. La normalità è condividere tutto, scambiarsi i numeri, parlare nelle chat, far entrare l’altro nel proprio mondo. Quando si inizia a chattare con una persona le difese sono già basse e si crea una sottovalutazione del pericolo. Si vedono solo gli aspetti positivi, l’eccitazione del momento, senza capire che dietro un ragazzo, dietro quello schermo si può celare un mostro.
Una volta che si crea un rapporto di fiducia, incontrarsi di persona diventa quasi automatico, i ragazzi hanno bisogno di essere riconosciuti e ascoltati, si sentono appagati da ciò che l’altro gli dice, inoltre, troppe volte hanno anche un’attrazione per il rischio e non pensano che l’altro possa realmente fargli del male. È solo quando si passa all’incontro di persona che, come è accaduto alle due 14enni, ci si rende conto che davanti si hanno dei carnefici, intenzionati a compiere un gesto tanto grave, come la violenza sessuale.
L’importanza di cogliere i segnali della violenza
Le ragazze vittime di violenza, in questi casi, fanno spesso fatica a raccontare ciò che gli è accaduto, si vergognano, temono le reazioni dei genitori, si incolpano, inoltre, hanno paura degli aggressori e di ciò che potrebbe accadergli nel caso in cui parlassero o denunciassero l’episodio, quindi, arrivano a portarsi dentro un vissuto di enorme sofferenza. Anche in questo specifico caso erano state minacciate, parole terribili che le hanno portate al silenzio per paura di essere uccise.
Il ruolo dei genitori nella crescita dei figli è fondamentale, sono loro che possono vedere e aiutare i ragazzi quando si incastrano in queste terribili trappole, la madre della 14enne è riuscita ad intuire che c’era qualcosa che non andava nella figlia, riuscendo poi ad effettuare la denuncia. Proprio perché le ragazze tendono a tenersi tutto dentro, è fondamentale riuscire a cogliere i campanelli d’allarme e fare attenzione, prima di tutto, ai cambiamenti, non necessariamente macroscopici, che possono verificarsi nel comportamento e nelle abitudini dei figli: ad esempio, alterazioni nel rapporto con il cibo, del sonno, isolamento, sbalzi d’umore, sintomi fisici come mal di testa o mal di pancia, particolare attenzione verso l’igiene personale e la pulizia del corpo.
Cosa possono fare i genitori? Prima di tutto prevenzione
Un dato da non sottovalutare è che la maggior parte dei genitori non conosce il reale funzionamento di social network e chat e delle dinamiche della rete, sono ignari dei pericoli che si possono incontrare e rischiano così di restare indietro rispetto ai figli e di intervenire quando è troppo tardi.
Ormai non si può più prescindere dalla tecnologia e un genitore, per essere efficace e aiutare un figlio in caso di necessità, deve assolutamente informarsi, avvicinarsi al mondo del figlio, e, piuttosto che demonizzare il web, conoscere i suoi meccanismi, per poi spiegare con esempi concreti, i rischi che si possono nascondere nella rete e le trappole nelle quali si può cadere.
Inoltre, è necessario sempre monitorare costantemente il figlio, senza risultare invadenti, ma osservarlo e prestare attenzione, in modo tale che ci si possa rendere conto se qualcosa che non va e intervenire in maniera tempestiva. A tal proposito, è importante costruire il terreno fertile con i figli, impostando una relazione incentrata sul dialogo che contempli tutte le tematiche, anche quelle relative alla sfera sessuale, così che in caso si verifichino problemi, difficoltà o addirittura violenze, il figlio riesca a parlarne tranquillamente.
Fonte: Agi