Violentata a 16 anni, gli insulti su Facebook. L’analisi di una società “Pornificata”!

Siamo tutti “scioccati” dalle recenti notizie di stupri perpetrati da adolescenti verso altri adolescenti. Stupri di gruppo da ragazzi “normali” nei confronti di una loro coetanea.

Il Mattino riporta uno dei casi: Così, come se non fosse bastata la violenza su una ragazzina di 16 anni da parte di cinque coetanei a San Valentino Torio, il giorno dopo l’arresto del branco arriva l’eco di un risentimento sordo pronto a colpire, come una clava in una nuova aggressione vigliacca, la vittima che ha avuto l’ardire di rompere il silenzio e denunciare i suoi stupratori. È la vendetta di qualcuno tra i parenti dei ragazzini arrestati, che reagisce con un “avete visto bene quella come si concia e se ne va in giro?”.

Frase in piena sintonia con le tante in corsa libera nello stupidario incontrollato dei social forum, digitate da compagni di scuola, adolescenti amici dei cinque o anche conoscenti della ragazza, in vena di commenti carichi di minaccioso scherno verso di lei, e sfruttando l’occasione validi come messaggi espliciti nei confronti di tutte le altre, perché se ne stiano avvisate: “Se fate le troie, questo meritate”. Fortuna che, a controbilanciare gli insulti e le solite accuse gettate in campo per ribaltare i ruoli e far apparire colpevole la vittima, ci siano altri messaggi, soprattutto delle amiche, che rintuzzano i primi, ribadendo che “la vittima è lei, non loro”.

Sicuramente è difficile analizzare e capire profondamente che cosa produce così tanta violenza e “disumanizzazione” verso una ragazzina. Le ragioni e fattori possono essere molteplici ma vorrei considerare qualcosa d’importante. Nel mio libro “PornoTossina” analizzo come la pornografia inquina le donne e la giustizia. In una società “pornificata” come la nostra, le vittime siamo veramente tutti in modo particolari i minori.

Agli inizi degli anni ‘80, il Dr. Dolf Zillmann dell’Università dell’Indiana e il Dr. Jennings Bryant dell’Università dell’Alabama si domandavano se la continua esposizione ai film pornografici potesse avere qualche impatto sulle convinzioni sessuali della gente e sul loro atteggiamento verso le donne. Per il loro esperimento, selezionarono 80 ragazzi e 80 ragazze del college e li divisero in tre sottogruppi.

Al primo gruppo, “Gruppo ad Esposizione Intensa” furono mostrati 36 film pornografici non violenti per un periodo di sei settimane.

Al secondo gruppo, “Gruppo ad Esposizione Intermedia” furono mostrati 18 film pornografici e 18 film normali per un periodo di sei settimane.

Al terzo gruppo, “Gruppo ad Esposizione Zero” furono mostrati 36 film non pornografici per un periodo di sei settimane.

Nell’esperimento Zillmann-Bryant, il Gruppo di Esposizione Intensa manifestava una crescente tendenza a credere che le donne nella società appartenessero veramente allo stereotipo femminile raffigurato nei film pornografici.

Ai partecipanti all’esperimento fu chiesto di valutare il loro sostegno generale ai diritti delle donne. Tra gli uomini del Gruppo di Esposizione Intensa si registrò un calo del 46% nel sostegno rispetto al Gruppo che non era stato esposto. Tra le donne partecipanti, questo calo si attestò su un preoccupante 30%.

Nella nostra cultura sempre più “pornificata”, sono le donne ad essere maggiormente disumanizzate dal momento che vengono costantemente valutate in base alle misure e alle forme del loro corpo. Spesso i canali pornografici, ma anche i mezzi di comunicazione, ritraggono le donne come persone che sono contente di essere usate e trattate come un oggetto. Le donne vengono sempre più sminuite nella nostra cultura satura di pornografia.

Nell’esperimento di Zillmann e Bryant, nella domanda su quanto fossero comuni certe attività sessuali nella società – attività come il sesso di gruppo, il sadomasochismo e la bestialità – la percentuale data dal Gruppo ad Esposizione Intensa fu di due o tre volte superiore rispetto a quella del Gruppo ad esposizione zero. La pornografia li portava a credere che queste attività sessuali “brutali” fossero più comuni di quanto siano in realtà.

Il consumo di pornografia inoltre condizionava i partecipanti a sottovalutare lo stupro. Ai partecipanti fu chiesto di leggere un caso legale in cui un uomo aveva stuprato un’autostoppista e successivamente di suggerire la durata della condanna da scontare in carcere per lo stupratore. Gli uomini del Gruppo privo di Esposizione stabilirono che dovesse essere di 94 mesi; quelli del Gruppo ad Esposizione Intensa suggerirono una condanna quasi dimezzata, raccomandando appena 50 mesi.

50 mesi solo per uno stupro!

La pornografia essenzialmente ci desensibilizza alla violenza sessuale e alla crudeltà, anche quando viene considerata “non-violenta” in natura, come nello studio di Zillman e Bryant. Sfortunatamente, oggigiorno nella pornografia sono comuni le aggressioni.[1] Uno studio condotto nel 2000 ha scoperto la presenza di violenza nel 42% della pornografia online. Oggi, l’esposizione alla pornografia violenta non è insolita neanche per gli utenti internet più giovani.

Le ricerche comprovano tale conclusione. In una meta analisi di 46 studi pubblicati dal 1962 al 1995, racchiudente un campione totale di 12.323 persone, i ricercatori hanno concluso che la visione di materiale pornografico aumenta il rischio di sviluppare tendenze sessuali devianti (il 31% di rischio in più), di commettere offese sessuali (il 22% di rischio in più) e di accettare falsi miti riguardo agli stupri (il 31% di rischio in più). Nella meta analisi di 24 studi condotti fra il 1980 e il 1993, con un totale di 4.268 partecipanti, i ricercatori hanno correlato l’accettazione dei falsi miti riguardanti lo stupro con l’esposizione alla pornografia non-violenta o violenta.[2] Fra i perpetratori dei crimini sessuali, l’esposizione degli adolescenti alla pornografia è un predittore significativo di violenza elevata e umiliazione della vittima.[3]

In un’indagine compiuta su 854 prostitute di nove paesi, il 47% delle intervistate si dichiarava turbata dai tentativi delle persone di indurle a compiere determinati atti che avevano in precedenza visto in contenuti pornografici.[4] Il Progetto WHISPER Oral History ha scoperto che l’86% delle prostitute afferma che la gente mostra loro del materiale pornografico per illustrare atti specifici che poi richiedono da loro.[5]

La pornografia inquina il nostro cuore e la società! Che una rivoluzione contro-corrente abbia inizio! L’amore vero vince sempre!

A presto
Antonio Morra
#PornoTossina #CombattiPerILVeroAmore

Note:

1 Martin Barron e Michael Kimmel, “Sexual Violence in Three 
Pornographic Media: Toward a Sociological Explanation”, The Journal of Sex Research, 37 (2), 2000.

2 Hearing on Pornography’s Impact on Marriage & the Family: Hearing Before the Subcommittee on the Constitution, Civil Rights, and Property Rights, U.S. Senate Hearing: Committee on Judiciary, 109th Cong. Sess. 1, 2005.

3 hristina Mancini, Amy Reckenwald, ed Eric Beauregard, “Pornographic exposure over the life course and the severity of sexual offenses: Imitation and cathartic effects”, Journal of Criminal Justice, 40, is. 1 (gennaio/febbraio 2012): pp. 21-30.

4 Farley, Melissa, Ann Cotton, Jacqueline Lynne, Sybill Zumbeck, Frida Spiwak, Maria E. Reyes, Dinorah Alvarez, e Ufuk Sezgin, “Prosti- tutuion and Traf cking in Nine Countries: An Update on Violence and PosttraumaticStressDisorder”,JournalofTrauma2,iss.3&4(2003),p.44. http://www.prostitutionresearch.com/pdf/Prostitutionin9Countries.pdf, ultimo accesso del 26 ottobre 2015.

5 Evelina Giobbe, “Confronting the Liberal Lies about Prostitu- tion”, in The Sexual Liberals and the Attack on Feminism, eds. Dorchen Leidholdt e Janice G. Raymond, Elmsford, Pergamon, 1990, pp. 67-81.